Il lavoratore remoto, a differenza di quello colocato, non socializza, o fa molta più fatica a socializzare, proprio perché non c’è un “posto” di lavoro che ne favorisca il processo. È quindi facile diventare l’orango di turno che, come in natura, vive la sua vita in solitaria. Solo che il buon orango ha uno scopo ben preciso nello star da solo, mentre sappiamo che l’essere umano molto rapidamente si trasforma in uno strano mostro alienato dalla società.
Il lavoratore remoto deve quindi fare qualcosa di proattivo per stimolare socializzazione dato che non è immerso in un contesto che la favorisce.
Approfittiamone
Tempo fa abbiamo parlato di diversity e della sua importanza in funzione della diversità di pensiero. Il lavoratore remoto ha un’occasione d’oro per cominciare un processo che lo porta ad ampliare le sue vedute. La necessità di cercare socialità principalmente al di fuori del nostro ambiente lavorativo ci può spingere a fare nuove conoscenze, ad andare a più conferenze, ad cercare uno user group vicino a noi (o magari non troppo vicino), e perché no dopo un po’ a cercare stimoli anche in quella che non è la nostra comfort zone.
Insomma non chiudetevi in casa. Non fa bene a noi, ma non fa bene neanche ai nostri colleghi.