Il cambiamento richiede tempo e pazienza.
Felice in L’ossimoro implicito dell’ortodossia innaturale nel cambiamento stagnante, interessante articolo sul cambiamento (anche se dal titolo un po’ “antani, prematurata” :P ) sottolinea una cosa molto importante. Un’organizzazione non può pensare di cambiare nello spazio di un week-end. È semplicemente un fallimento garantito, uno spreco di energie e un forte fattore demotivante.
Sembra un’ovvietà, ma come tutte le ovvietà viene ignorata e mi ritrovo a vedere organizzazioni che provano a cambiare alla carlona, senza la benché minima idea di quello che stanno per affrontare e di che impatto avrà. Mi sono reso conto di quanto il cambiamento sia lungo e tortuoso quando settimana scorsa a SoCraTes Italy parlando di tutto il processo che stiamo facendo in Particular, mi è stato fatto notare che noi ci abbiamo messo quasi 3 anni (minchia 3 anni <cit.>) per arrivare dove siamo ora. Se inoltre consideriamo che “ora” è una situazione abbastanza stabile ma che sappiamo essere comunque in costante evoluzione da il metro di misura su cosa voglia dire cambiare un’organizzazione.
State lontani dalla fretta, cattiva consigliera.