Mio malgrado sono stato obbligato per qualche mese a frequentare un co-working. Dico mio malgrado perché il sottoscritto è un po’ come un gatto: socievole ma non sociale.

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I co-working e gli open space sono l’abominio del posto di lavoro

Magari sono solo io che non sono un animale sociale, ma anche se fossi da solo per me risulta impossibile lavorare in un ambiente dove non regna la pace. E, lasciatemelo dire, mi sa che non sono solo io perché tutte le volte che ho osservato un co-working o un open space ho sempre visto questo:

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Gente incazzata che faceva di tutto per isolarsi dal mondo circostante.

Il problema di fondo è che io e quelli che “abitano” l’open space insieme a me in realtà non lavoriamo insieme, semplicemente condividiamo lo stesso spazio. Con la conseguenza che le regole del gioco sono completamente diverse.

L’isolamento è l’abominio del posto di lavoro

Allo stesso modo l’isolamento totale, soprattutto per il lavoratore remoto è la peggior scelta possibile:

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Gente che smette di fare la barba e passa la giornata in mutande al buio.

Concludendo

Abbiamo solo scalfito la superficie, ma nel mio piccolo sto scoprendo che per me:

  • è importante uscire di casa: mi aiuta a distinguere lo sto lavorando dal non sto lavorando;
  • è molto importante la pace e la tranquillità, che non vuol dire essere soli, vuol dire circondarsi di persone che danno valore alla stessa cosa;
  • è essenziale che il luogo di lavoro sia accessibile quanto lo sarebbe una stanza in casa, quindi se è un ufficio che non sia a più di 10 minuti di bicicletta, se no sono un pendolare remoto;
  • è gradito se nei paraggi esiste qualcuno che sappia cosa siano una granita alla mandorla o al pistacchio.

Un ambiente pessimo ha conseguenze pessime.
Uno dei veri vantaggi del lavoratore remoto è quello di potersi scegliere l’ambiente di lavoro. Fatelo, perdindirindina :-)