Sabato sono stato al mini Agile Day a Vimercate, è stata una giornata molto piacevole che mi ha dato l’opportunità di conoscere persone molto interessanti. Nel mio piccolo ho avuto il piacere di raccontare come siamo organizzati in Particular.
Holacracy è morto
Nelle cosiddette chiacchiere da corridoio ho avuto l’onore e il piacere di scambiare un po’di opinioni con Angela Sanger e una delle domande che sono emerse è: non hai la sensazione che holacracy sia in una sorta di declino? (vado molto a memoria)
Non avevo una risposta sabato e non ho una risposta adesso, il weekend ha però portato una riflessione.
La sensazione è che le organizzazioni, per certi versi giustamente, siano alla ricerca della pappa pronta, del manuale con tutte le risposte, del processo ingegnerizzato già al punto giusto. Cambiare è estremamente complesso, dispendioso e faticoso e le organizzazioni sono molto brave a resistere al cambiamento.
In uno scenario di questo genere, tutto ciò che ricade sotto il cappello di holacracy, teal organization, flat organization (che nome nefasto) si presenta ad oggi come un salto nel buio. E l’osservazione dei risultati altrui spesso non è un motivo sufficiente per saltare.
Al contempo, la mia esperienza dice che un framework non è applicabile. Ogni realtà è cosa a se stante: un contesto diverso, persone diverse, obiettivi diversi. Non è minimamente pensabile applicare un set di regole che hanno funzionato per A a B; forse, ma non ne sono così certo, ci possono essere un set di linee guida che hanno funzionato con A e che si possono provare ad applicare anche B.
Manca, e io personalmente ritengo non possa esistere, una ricetta che applicata pedissequamente permetta di trasformare un’organizzazione da quello che è in qualcosa di nuovo. È interessante come il linguaggio in questo caso aiuti a confermare la mia ipotesi: trasformare un’organizzazione da quello che è in qualcosa di nuovo.
Non abbiamo una definizione, se non la parola tradizionale, per quello che sono le organizzazioni oggi e non abbiamo una definizione per identificare quello che vorremmo che fossero.
Costruire sulla sabbia
Holacracy non è morto, provocatoriamente potremmo dire che non vivrà mai. È un concetto talmente vasto e ricco di sfumature che dargli un nome è impossibile, noi internamente abbiamo scientemente deciso di evitare tutti i termini come holacracy, teal, flat, perché tendono a ricondurre ad un presunto manuale che non esiste e non può esistere.
Questo fondamentalmente significa costruire sulla sabbia. Bisogna accettare che sarà un viaggio il cui scopo non è arrivare ad una meta ma evolvere. La comprensione è il fine ultimo, non la soluzione.
Da più o meno dieci anni qui a destra campeggia questo:
Se ci pensate anche per DDD e SOA l’obiettivo è la conoscenza. Tutto torna.
La (contro)domanda spontanea a questo punto è: valgono le stesse considerazioni per il mondo agile/scrum/xp/etc?