Leggevo questa mattina il post sul blog di Andrea e i relativi commenti e post successivi.
E quindi il mio cervello è partito a generare pensieri.
Premesso che faccio parte della foltita (nonchè noiosa) schiera di chi ha detto essere d'accordo, ma poi mi nasce la prima riflessione.
Essere d'accordo vuol dire farlo o semplicemente "che bello la penso anch'io così, ora però meglio tornare a lavoro, sono in ritardo..." ?
Io sono nella seconda. Ebbene si, sono un Perdente (secondo la dicitura "boschiniana" :)
Parafrasando quindi la sua riflessione (Andrea perdonami se fraintendo, ma sto facendo del sano brainstorming in diretta mentre scrivo...) il Perdente è colui che fa, il Vincente è colui che analizza, studia, e poi fa, un po' più Filosofo.
D'accordo, in assoluto, anche se il nerbo della questione, la chiave di Volta qui sarebbe proprio impostare il ragionamento su una timeline (o un Gannt se preferite) e vedere cosa ne esce...
Però...c'è un però...(o forse anche più di uno).
Come si può evincere in parte dalle riflessioni di Roberto, dire di no in Italia è difficile (o proprio non si può?) e quindi, come in un circolo in cui il cane si mangia la coda, il Perdente diventa in Vincente.
Eh si...perchè in Italia, al giorno d'oggi, non c'è spazio per i Filosofi (i Vincenti) che quindi, di riflesso diventano i Perdenti.
Perchè a tutti piace lavorare bene, gestirsi le proprie analisi, tempistiche, tecnologie, soluzioni strategiche, ecc...ma il cliente vuole il prodotto e le specifiche non si possono continuamente "migliorare" ed astrarre, in una sorta di architettura a frattale...
Ci sono occasioni in cui ho fatto il Vincente ed ho vinto, ho fatto il Vincente ed ho perso, ho fatto anche il Perdente vincendo, ma per ora solo una volta facendo il Perdente ho perso.
La teoria dei giochi equi cosa suggerisce?
Forse che in Italia abbiamo sbagliato lavoro...