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L'importanza di dire di NO

Ho appena finito di scrivere un commento all'ultimo interessante post di Andrea Boschin sul suo blog. Nella mia lunga elucubrazione sono giunto ad una conclusione che mi sembra meriti un post dedicato.

Riguarda una di quelle lezioni di vita professionale che ho imparato in questo anno e mezzo di attività professionale autonoma.

Bisogna necessariamente imparare a dire di NO.

Ovviamente é necessario imparare a farlo con metodo: ci vuole gentilezza, fermezza, una dose di attitudine professionale nel farlo, nel momento giusto.
Ho scoperto che è veramente molto molto difficile imparare a dire di no, soprattutto perchè nella maggior parte delle persone è innato esattamente il contrario, ovvero la tendenza a minimizzare, a comunicare la fattibilità totale e scevra da problemi di sorta di quasi tutte le questioni sul tavolo.
Tutto questo é (molto) _MALE_ perchè coloro che ascoltano tendono inevitabilmente a credere che sia effettivamente così, quando sappiamo benissimo che non lo é, ingenerando un senso di allarmismo diffuso nel momento in cui le cose non vanno esattamente come avevamo detto.

L'equilibrio dialettico é molto molto difficile da raggiungere, soprattutto di fronte ad un auditorio eterogeneo, ovvero é sempre dietro l'angolo il rischio di apparire lamentosi, poco costruttivi, o coloro che remano contro. Credo che sia un'arte molto difficile da padroneggiare quella del diniego, io stesso non sono per nulla ancora naturale nel farlo, ma comunque sono certo della assoluta necessità di doverla assimilare.

Io stesso in passato mi sono trovato nel mezzo di progetti disastrosi non per incapacità tecnica, bensì per paurose sottostime delle difficoltà di realizzazione, semplicemente perchè nessuno al momento giusto ha detto di no. Purtroppo, almeno qui in Italia, è veramente difficile dire di no, pena il rifiuto del cliente a continuare la trattativa iniziale, come se ci fosse una velata minaccia nel dover rispondere sempre e comunque "sissignoresignorsì".

Probabilmente prima o poi fallirò, ma vorrebbe dire che é ora di cambiare lavoro, che questo lavoro non farebbe più per me, perchè vorrebbe dire vivere costantemente un'esperienza professionale piena di tensioni e di perenni ritardi.

Print | posted on mercoledì 27 febbraio 2008 10:29 |

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# re: L'importanza di dire di NO

Amen x2!!
:-D
27/02/2008 11:37 | raffaeu
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# re: L'importanza di dire di NO

Bello il post di Boschin ed anche il tuo.
Vorrei aggiungere anche il modo di lavorare in costante emergenza che vedo in giro.
Se un problema non esplode sembra che non esista ed in questa situazione vengono giustificate le peggiori nefandezze.
Questo modo di lavorare in alcune realtà sembra l'unico accettato, come se non esistessero alternative e fosse una fatalità del lavoro.
Quando si cerca di proporre soluzioni, si viene visti un pò come un fastidio come uno che vuole rompere equilibri consolidati.
Il risultato sono software mediocri, clienti insoddisfatti, sviluppatori insoddistatti, ecc.
Il problema principale è che il mercato e la concorrenza non risolva questo problema, anche perchè se si parla di concorrenza l'unico fattore considerato è la riduzione dei costi.

27/02/2008 11:40 | Antonio Ganci
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# re: L'importanza di dire di NO

Luca> Un collega, mi ha fatto riflettere come il rapporto di lavoro con contratti a termine rendono più difficile dire di NO anche quando è per il bene dell'azienda.

Il fatto e' che una volta firmato il contratto il discorso in effetti e' un po' diverso. Nel mio commento mi riferisco all'atteggiamento da tenere nella trattativa che porta al contratto. Una volta in ballo, si tratta di rispettare i termini del contratto e solo quelli (intendo, nella peggiore delle ipotesi). Tuttavia cio' di nuovo riconduce all'importanza della trattativa iniziale, quella in cui appunto i no vanno detti e vanno detti bene. Se poi si riesce ad arrivare ad un accordo come si deve, e' il contratto stesso che diventa un'indicazione precisa su dove iniziano e finiscono le cose (esattamente come lo e' un'analisi fatta bene per un progetto, ed esattamente come un'analisi inadeguata porta a problemi che sono della sessa natura di quelli che discutiamo qui). Da quel punto in poi condivido il fatto che, piuttosto che mandare tutto a carte quarant'otto, e' piu' corretto portare a termine l'impegno anche a costo di turarsi il naso, sbarrare gli occhi e sigillare la bocca e lavorare in totale isolamento. Ma questo sempre se i limiti contrattuali non vengono valicati, altrimenti, di nuovo, c'e' spazio per - come amava ripetermi uno degli ultimi development managers in cui mi sono imbattuto - l'infame "this is not gonna happen". Solo che questa volta sei tu a dirlo a lui...

Comunque non pretendo di teorizzare oltre il lecito relazioni che sono per loro natura multiformi. Il denominatore pero', a mio avviso, resta il fatto che non c'e' troppo da aver paura a dire di no, a rifiutare un incarico, o a dimettersi da un impegno in corso, ma questo purche' se abbia la coscienza completamente pulita (in termini di onesta' professionale, errori ne facciamo tutti). E se c'e' il mutuo a fine mese e i no cominciano a diventare troppo stressanti, be' allora c'e' da turarsi il naso un po' di piu' forse, ma con molta molta attenzione a non scendere troppo sotto quei requisiti minimi di cui sopra, altrimenti poi c'e' da pagare un nuovo debito, quello che in analogia con il debito tecnico definirei "debito professionale".

-LV
27/02/2008 17:38 | LudovicoVan
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# re: L'importanza di dire di NO

Roberto:

> l'onestà e la professionalità (che comunque i clienti intelligenti riconoscono)

Sono pienamente d'accordo ed e' proprio per questo che non e' una strategia da kamikaze.

Aggiungo (a seguito di cose che ho studiato nelle ultime settimane), che la parola NO e' fondativa non solo per una famiglia delle logiche cosiddette "intuizionistiche", le quali sviluppano il loro sistema assiomatico a partire appunto dalla clausola "not", ma anche, piu' in generale, nel processo di apprendimento del linguaggio da parte del bambino, al quale (e metto qui una considerazione del tutto personale sull'argomento) forse si dovrebbe prima insegnare a dire NO, piuttosto che insegnare a dire MIO/TUO/SUO sulla base di concezioni pedagogiche che valgono tanto quanto il formaggino in questione. (Dico cio' perche' e' questione che mi sta molto a cuore.)

Spero di non essere andato fuori tema.

Ciao.

-LV
13/03/2008 12:47 | LudovicoVan
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