Questa che leggete è una lettera che ho voluto scrivere al nostro attuale Presidente del Consiglio, in risposta alla sua comunicazione agli italiani circa la "riforma tecnologica". Ovviamente ho già imbustato anche un cartaceo con il medesimo testo.

Ritengo di non aver fatto nulla di male, e anzi, di aver espresso liberamente il mio pensiero così come sancito dalla Costituzione.

Spero che non abbiano nel frattempo aggiunto qualche articolo o legge che vietava la cosa; se mai fosse e non dovessimo più leggerci è perchè probabilmente mi avranno arrestato.

 

 

"Caro Presidente del Consiglio

 

Sebbene le Camere ormai siano sciolte, Le scrivo ugualmente in merito alla sua di gennaio 2006 e del lodevole tentativo di far comprendere agli italiani l’importanza di possedere un pc e di utilizzarlo in sinergia con la Pubblica Amministrazione per migliorare i rapporti tra i cittadini e quest’ultima.

 

E’ lodevole, non lo nego!

 

Le vorrei tuttavia far notare come ad oggi, dopo anni che ci vengono promesse innovazioni, ad oggi solo una stretta cerchia di persone può realmente toccare con mano i benefici dei suoi passati 5 anni di governo.

 

Le vorrei far notare come la liberalizzazione del mondo della telefonia, ad oggi per la stragrande maggioranza della popolazione è  ancora qualcosa di puramente utopico.

E non guardi solo le percentuali come fa Telecom (osannata monopolista) che considera solo i dati di copertura territorio rispetto alle fascia urbana.

E’ dal 2001 che si parla di abolizione di canone telefonico, di completo unbundling dell’ultimo miglio e di liberalizzazione delle centrali, eppure ad oggi, dopo 5 anni, Telecom ci affligge ancora con un canone mensile che copre spese di non si sà bene quale natura e peggio di tutti se ne infischia altamente di portare servizi a valore aggiunto come l’ADSL - o la “larga banda” come la chiama - in tutti i comuni italiani.

E quando parlo di tutti, parlo di tutti i 14362 comuni che ad oggi ho potuto contare (mi consenta l’inesattezza).


E allora mi chiedo. A cosa serve avere un computer, magari acquistato anche con il contributo statale dell’Internet Vola, o questa “riforma digitale” – come la chiama Lei -, se poi solo chi abita nelle grandi città può usufruire di questi innovativi servizi?

Cosa serve e soprattutto come può essere utile Internet se chi vi si collega deve arrancare tra i byte e attendere minuti interminabili prima di vedere apparire qualcosa sul monitor se hanno solo una semplice connessione analogica e i suoi 56K?

A cosa serve avere la “Nuova Tessera Sanitaria” se poi nelle strutture adibite la stessa non può essere accettata perchè il “sistema” non è pronto per la lettura?

 

Devo forse dedurre che io, come i miei compaesani o gli altri poveri italiani che ancora oggi pazientemente attendono, non siamo italiani o non rientriamo nei piani di sviluppo economico del paese? O forse, ancora peggio, proprio perchè abitiamo al Centro-Sud del nostro stivale, siamo solo l’epilogo di ogni cosa?

 

Eppure è strana questa convinzione, se questa davvero fosse, perchè al PIL contribuiamo anche noi, le tasse le paghiamo e ci sentiamo – o per lo meno mi sento – ancora parte integrante di un sistema dal quale però ogni giorno non si ricevono che delusioni.

 

Concludo, per non sembrare troppo polemico, ricordandoLe che per essere al primo posto i risultati devono essere concreti e costanti: un esempio poteva essere quello di stampare la litografia su carta riciclata per non danneggiare ulteriormente l’ambiente, o concentrare la lettera di presentazione su di un foglio in fronte/retro riducende i già abnormi costi amministrativi, o quello di imporre – visto che ne avete il potere - alla monopolista di portare la “larga banda” ovunque, iniziando de facto la “riforma digitale”.

 

 

 

Crecchio, 13 febbraio 2006

 

Cordiali saluti

Andrea Moro"