Prendendo atto di tutta questa pubblicità sul web 2.0, su tonnellate di articoli che stanno uscendo, su giri di parole e investimenti che ne conseguono, voglio dire anche la mia su questa storia del web 2.0.
Sono stato uno tra i primi in Italia ad avere Internet a casa – almeno credo - (era il tardo 1993 primi del 1994 – non ricordo nemmeno più ne la data ne tantomeno il provider, forse Flashnet e con un bel modem 11,400 baud larghi come un tostapane). Erano anni che bazzicavo sulle chat dei videoterminali all'epoca SIP che ti collegavano in quella rete virtuale "privata" di messaggeria di cui tutti i locali più trendy erano dotati, erano gli anni in cui l'accesso a queste risorse era strettamente riservato a pochi adepti capaci di capire cosa rimbalzasse dietro a quei monitor catodici a caratteri verdi fluorescenti. E tralascio il commodore 64, e il synclair zx80.
Ho iniziato a far siti web nel 1996. E dopo 11 anni ormai di web, penso che il web 2.0 non sia altro che la normale conseguenza dell'evoluzione tecnologica. Non "abbiamo" (parlo al plurale visto che l'essenza di fondo del concetto 2.0 dovrebbe essere collettività) inventato niente di nuovo. Semplicemente le esigenze ci hanno spinto a nuovi sistemi, automatismi, modi di interagire con la massa che fino a pochi anni fa guardava il computer come un puro elettrodomestico senza valore intrinseco. Un videogioco più costoso della console.
Il computer era – e spesso ancora è – visto come un nemico, non tutti lo digeriscono e cercano di utilizzarlo come meglio si può, cercando di trarne vantaggio per qualunque cosa esse venga acceso. A volte spaventa, e non sto parlando poi di chissà quante generazioni fa. I miei genitori per esempio. Mio padre è costretto ad usarlo e con il tempo sono riuscito ad imparargli anche qualcosa. Mia madre, praticamente coetanea a mio padre, usa il mouse con una mano stile falco che agguanta la preda.
Insomma, se di vera rivoluzione / innovazione si tratta - secondo - me tutto questo gran parlare un nome come "Web 2.0" il web in generale proprio non lo merita.
Il fatto che la gente si sia svegliata e abbia compreso quali sono veramente le nuove possibilità dello strumento informatico e della rete in generale è sicuramente buona cosa, ma perché parlarne solo oggi? Già quando uscirono i primi siti dinamici, allora si poteva pensare ad un nuovo concetto di web.
Stando alle varie definizioni che ho sentito, sembra che il Web 2.0 debba essere una serie di siti web con interfaccia, facilità e velocità d'uso tali da renderli simili alle applicazioni tradizionali che gli utenti sono abituati a installare nei propri computer. Spesso vengono usate tecnologie di programmazione particolari come AJAX che ultimamente sta spopolando (ma ci tengo a far notare che prima di AJAX questa interazione javascript/lato server era già abbondantemente possibile senza tutte queste nuove classi ridisegnate che oggi lavorano sotto quel nome. Nel 2001 avevo fatto su un progetto che interrogava lato server un database lasciando la pagina di front – end immobile e popolando poi le combo e le textbox via javascript, dopo che i dati erano stati recuperati dal db remoto esattamente come fa AJAX oggi. Certo oggi AJAX è stato affinato, ma che volete il progresso deve pur servire a qualcosa).
Il web 2.0 allora cos'è: prendiamola così. A mio avviso è una presa di coscienza che oggi tutti possono fare informazione; informazione vera, senza limiti (quasi ovunque, per li resto leggasi censure. Ndr), con pochi click di mouse e qualche tasto premuto si può interagire con il mondo.
Ma da qui a dargli una major release, secondo me ce ne passa troppa di acqua sotto i ponti. Commercialmente parlando, secondo me, questo web 2.0 altro non è che un rebranding per fare credere ai nostri potenziali clienti che forse è il caso che anche loro si aggiornino e ci ri-commettano delle modifiche sul loro sito web, qualche aggiornamento sulle web application ecc. ecc.
Certo male questo non fa , visti periodi grigi passati negli anni scorsi però cercare di inculcare nella testa informazioni potenzialmente errate, questa è una cosa che non condivido tanto.