In questi giorni è stato emanato un importante provvedimento (si tratta di una posizione comune) in tema di acquisti inapp da parte della Commissione Europea e dei rappresentanti delle autorità garanti dei consumatori degli stati membri dell’Unione Europea. La posizione comune, che non ha valore di legge ma che può trovare immediata applicazione attraverso eventuali azioni intraprese dalle singole autorità garanti dei paesi membri dell’Unione, riguarda gli acquisti inapp nei giochi online e mira a tutelare prevalentemente i minori, soggetti più direttamente coinvolti da questa tematica. Nella stessa, in particolare, si descrivono alcune pratiche scorrette utilizzate dai gestori degli webstore nella vendita di giochi online e vengono analizzate le azioni intraprese in questo ambito da alcuni dei player più importanti del settore (Google, Apple e Interactive Software Federation of Europe). Da molto tempo, infatti, in sede comunitaria si lamenta la mancanza di trasparenza delle offerte presenti sugli store online, piattaforme che sempre più spesso offrono giochi pubblicizzandoli e presentandoli come “free”, senza che ciò corrisponda effettivamente alla realtà (nella maggior parte dei casi per fruire in modo significativo dell’applicazione è necessario effettuare un pagamento al gestore dello store online o allo sviluppatore). Termini come “free”, “gratis”, “download gratuito”, sono tutti termini che vengono utilizzati diffusamente sugli store online anche e soprattutto per prodotti che non sono pienamente utilizzabili (o addirittura praticamente inutilizzabili senza che l’utente abbia effettuato successivamente al download un pagamento). A ciò si aggiunga il fatto che molto spesso, a causa delle impostazioni di default di queste applicazione, vengono autorizzati acquisti e pagamenti senza che l’utente ne venga pienamente informato e che quindi lo stesso sia conscio dell’operazione. Già a dicembre 2013 i rappresentanti delle autorità nazionali per la concorrenza avevano presentato una prima posizione comune con la quale chiedevano a Google e Apple più trasparenza per gli acquisti inapp nei giochi online.
In particolare si chiedeva che:
● i giochi pubblicizzati come "gratuiti" non ingannassero i consumatori sui costi reali dell’applicazione;
● i giochi non contenessero inviti diretti ai minori ad acquistare contenuti;
● i consumatori venissero adeguatamente informati sulle condizioni di pagamento dei contenuti;
● i consumatori non si vedessero addebitare importi in base a un'impostazione di pagamento predefinita senza aver fornito un consenso esplicito;
● gli sviluppatori fornissero un indirizzo di posta elettronica per consentire ai consumatori di contattarli per dubbi o rimostranze.
Nella recente posizione comune del 18 luglio 2014, se da un lato si sottolinea come Google abbia effettivamente deciso di implementare nel suo store, entro settembre 2014, le richieste contenute nella precedente posizione comune (ad alcune delle quali sì è già adeguato), dall’altro si dà conto di come Apple non abbia ancora individuato e risposto con proposte concrete alle richieste della commissione e dei Garanti per la tutela dei consumatori dei paesi membri.
Ma cosa è plausibile ritenere che possa cambiare?
Posto che gli atti come le posizioni comuni non sono provvedimenti dettagliati o a carattere tecnico, ma
piuttosto documenti di indirizzo politico, è comunque possibile individuare alcune interessanti indicazioni che verranno, plausibilmente, rese a breve obbligatorie in ambito comunitario nei confronti di tutti gli
operatori del settore (sviluppatori e gestori degli webstore).
In generale, i gestori degli webstore (non solo Apple e Google, ma anche gli altri operatori), dovranno adeguarsi alle seguenti indicazioni:
- non potranno utilizzare il termine “free” o un suo equivalente (ad es. “gratis”, “free download”, etc.) se non per le applicazioni completamente gratuite. Lo stesso termine verrà tollerato solo se utilizzato in relazione a giochi non completamente gratuiti, ma in cui siano comunque chiaramente indicati quegli elementi sono gratuiti e quali a pagamento. Questo tipo di applicazioni, per poter utilizzare il termine “free” dovranno consentire all’utente di usufruire di sezioni di gioco standalone che non necessitino di pagamenti per essere utilizzate. Potrebbe sicuramente utilizzare il termine “free”, un gioco in cui si possono acquistare elementi decorativi (come “skin” dei personaggi) ma in cui l’esperienza di gioco è integralmente accessibile a titolo gratuito;
- dovranno elaborare e adottare delle guidelines conformi alla normativa europea in materia di tutela dei consumatori e alle posizioni comuni già emanate sul tema.
Per gli sviluppatori:
- dovranno considerarsi illecite tutte le app, e in particolare tutti i giochi online, nei quali dei minori vengano invitati ad effettuare acquisti di contenuti. In questo tipo di giochi non sarà più consentito l’utilizzo di espressioni come “buy now!”, “Upgrade now!”, o simili;
- la richiesta del consenso all’acquisto di contenuti inapp dovrà essere posta ben in vista e non potrà pertanto essere inserita esclusivamente nei “Termini e condizioni di servizio” o essere raggiungibile attraverso link ad altre pagine;
- le applicazioni dovranno prevedere la richiesta di un consenso esplicito per gli acquisti inapp come impostazione di default. Ciò significa che affinché il consenso sia considerato valido, l’utente dovrà porre in essere un’azione specifica per manifestarlo, che però non potrà concretizzarsi in un semplice click, ma in un’attività più elaborata (ad esempio l’inserimento della password, di una risposta ad una domanda sui suoi dati, etc.);
- le impostazioni relative ai pagamenti per acquisti inapp dovranno essere mostrate all’utente in modo neutrale (senza che sia data prevalenza ad un’opzione o ad un’altra);
- ai consumatori dovrà essere data la possibilità, attraverso una specifica opzione, di stabilire un numero massimo di acquisti inapp effettuabili senza una specifica autorizzazione al pagamento;
- gli sviluppatori (e parallelamente i gestori degli store online) dovranno istituire una specifica casella email attraverso la quale i consumatori potranno inviare domande o reclami. L’indirizzo in questione dovrà essere facile da reperire e mostrato all’utente più volte, per esempio nel momento in cui effettuerà il download dell’applicazione, quando farà acquisti inapp, etc. L’indirizzo email così creato non potrà pertanto essere inserito esclusivamente nei “Termini e nelle condizioni di servizio” o essere raggiungibile solo attraverso link ad altre pagine.
E’ possibile, prevedere infine che vengano adottate posizioni comuni o provvedimenti simili che estendano, con le dovute distinzioni, le indicazioni soprariportate anche ad altri tipi di applicazioni (e non solo ai giochi online), Sul breve periodo, intanto, potrebbero arrivare nuove guidelines dagli operatori degli webstore.
Link alla posizione comune del 18.07.2014 : http://ec.europa.eu/consumers/enforcement/cross%ADborder_enforcement_cooperation/docs/20140718_in%ADapp_cpc_common%ADposition_en.pdf
posted @ lunedì 4 agosto 2014 11:30