I bytes che vivono in prossimità dell'indirizzo
0x80000 vivono isolati, lontani dal vero fulcro delle attività. E'
difficile immaginare un mondo con un confine reale,
fisico, al di là del quale non esiste più nulla,
come se fantomatiche Colonne d'Ercole impediscano di andare oltre. E' difficile spiegare a parole cosa vuol dire
tentare di superare questi limiti, e di venir rimappati dalle logiche della CPU verso
l'indirizzo base della memoria RAM o, peggio, di provocare un
crash di sistema. E' difficile immaginarlo, eppure al byte capitò di trovarsi
in quelle zone virtualmente oscure, fisicamente all'estremo confine
dello spazio di indirizzamento disponibile. Mentre aspettava il proprio turno di
lavoro in una serie infinita di istruzioni NOP nell'assembler del processo in
cui si trovava, il byte rabbrividì mentre dormiva e ripensava a quei cicli di
clock durante i quali era stato memorizzati nell'indirizzo 0x7FF80, a pochi
passi dal Confine Estremo.
Durante il suo
riposo, il byte sognò.
Il byte sognò soprattutto il
freddo intenso , che gli entrava
nelle ossa
e quasi tentava
di rallentarlo nella sua infinita ed eterna rincorsa al clock di sistema. Non sapeva
come, eppure aveva percepito di essere arrivato in un luogo remoto e
distante, raggiunto pochissime volte dal flusso di informazioni del software: il
sistema nel quale si trovava infatti non richiedeva spesso di utilizzare un
quantitativo di memoria tale da giustificare l'occupazione di quelle aree.
Il byte sognò anche il
silenzio di quei luoghi . L'assoluta mancanza di qualsiasi rumore, di qualsiasi tipo, era
snervante e quasi fastidiosa, abituato com'era a dover urlare, a volte, per far
sentire la sua voce sopra quella degli altri bytes, quando gli capitava di
frequentare luoghi più affollati. Soltanto il clock riusciva comunque ad
echeggiare fin laggiù: era essenziale per il buon funzionamento dell'OS, e
quindi doveva necessariamente raggiungere tutti i bus, tutte le locazioni di
memoria, nessuna esclusa. Ebbe un sussulto quando gli tornò in mente il
tentativo che fece di chiamare qualcuno: la sua voce rimbalzò n
volte sulle pareti della sua cella di memoria, formando un'eco che ancora
oggi lo inquietava, perchè aveva un nonsochè di estraneo.
Quasi poteva leggere
e rilevare la forma d'onda analogica dell'eco, molto diversa dall'onda quadra che
aveva visto innumerevoli volte in altre occasioni.
Il byte pensò durante il suo
sogno anche all'aspetto asettico della sua cella di
memoria, che lo aveva fatto riflettere sul reale aspetto delle
celle di memoria vergini, ovvero mai toccate prima da alcun bytes e
quindi mai esplorate prima. La cella 0x7FF80 in cui si trovava era molto diversa
da quelle a cui era abituato: il colore prevalente era il nero opaco, poco
riflettente, sulle cui pareti scorrevano continuamente piccoli bus
capillari che portavano informazioni diagnostiche come
il parity check. Tutto riluceva e al tocco delicato della sua
mano, il byte sentì una superficie liscia e levigata, assolutamente
priva di ogni più piccola asperità. L'asettico si ripercuoteva anche
sull'olfatto, neutro e privo di ogni particolarità. Si sentì spaesato e solo, in
quei momenti, e non vedeva l'ora che la CPU lo chiamasse altrove, per fare altri lavori.
Un ronzio fastidioso sempre
più forte disturbò il sonno del byte, fino a
quando non lo svegliò del tutto. Il byte aprì i suoi occhi, agitato e
nervoso dopo l'incubo a causa del quale aveva rivissuto
quell'esperienza. Diede un'occhiata al bus degli indirizzi lì ai suoi piedi
appena in tempo per vedere che era stato chiamato da qualche thread. Lanciò uno
sguardo fuori dalla sua cella, osservando per qualche istante il lungo bus
dati che, se da una parte portava al core, dall'altra
conduceva al tanto temuto Confine Estremo. Sentì il vento gelido che
tirava verso quella direzione, ma il byte sorrise rilassato, perchè sapeva
che lui doveva andare nella memoria della GPU, probabilmente per comporre
qualche texture o per calcolare qualche algoritmo grafico
ottimizzato.
"Alla prossima volta, Confine
Estremo.
Un giorno sicuramente ci incontreremo ancora, ma non oggi. Non
ancora."
Il byte non si sentiva solo, nè spaesato, nè minacciato,
in quel momento, e gli andava bene così. Il byte si tuffò sul bus dati
e venne immediatamente sospinto in avanti insieme ad altre decine di Megabytes
che, più avanti, sarebbero stati reindirizzati ai loro rispettivi
compiti.