DRM e copia privata - Profili normativi in Italia

 

Lo sviluppo negli ultimi anni delle tecnologie digitali e di internet ha radicalmente cambiato lo scenario economico-commerciale dei contenuti protetti dal diritto d’autore.

La tecnologia digitale ha reso i contenuti protetti maggiormente “fruibili” ampliandone le possibilità di utilizzo del consumatore, mentre internet ha reso possibile una più facile reperibilità e condivisione degli stessi.

Ma la maggior fruibilità e la più semplice condivisione dei contenuti protetti hanno anche incrementato esponenzialmente il fenomeno della “pirateria” a discapito dei titolari del diritto d’autore.

La Fondazione Einaudi ha pubblicato a fine maggio una ricerca condotta dall’Osservatorio Libercom nella quale emerge che un internauta italiano su 4 scarica illegalmente contenuti digitali protetti; tale ricerca è stata effettuata su un campione di 1600 internauti di età compresa tra i 15 e 54 anni e  dimostra la diffusione di questo fenomeno in Italia (Il Sole 24 Ore – Nova 24 del 24/05/07).

I titolari dei diritti d’autore, preso atto del dilagante fenomeno e del conseguente danno economico che questo comporta, hanno cercato di individuare soluzioni tecnologiche che potessero arginare l’illegale fruibilità dei contenuti digitali protetti.

La soluzione più idonea ed efficace individuata è stata quella dell’utilizzo delle tecnologie DRM (Digital Rights Management) ovvero di sistemi tecnologico/legali mediante i quali i titolari del diritto d’autore possono esercitare ed amministrare tali diritti in ambito digitale, grazie alla possibilità di proteggere, identificare e tracciare tutti gli usi in rete di contenuti protetti.

L’applicazione sui contenuti digitali protetti di queste tecnologie, volte a combattere la “pirateria” ma con l’effetto di limitare la fruibilità anche ai legittimi utilizzatori, ha generato proteste e diffidenza da parte dei consumatori e delle loro associazioni, nonostante in Italia l’uso di misure tecnologiche di protezione sia consentito dall’art. 102 quater della Legge 633/1941 a seguito del recepimento della direttiva europea 2001/29/CE .

Una delle caratteristiche dei DRM che maggiormente sta suscitando malumore è l’esclusione o la limitazione della possibilità di effettuare copie digitali da parte degli acquirenti di contenuti protetti.

Tali vincoli, a volte, possono tuttavia essere in contrasto con il diritto in capo ai legittimi utilizzatori di effettuare riproduzioni private senza scopo di lucro (così detto diritto di copia privata).  La contrapposizione tra la tutela del diritto d’autore per il tramite di sistemi tecnologici di protezione (DRM) e il diritto alla copia privata, viene regolamentata dall’art. 71 sexies della Legge sul Diritto d’Autore che consente la riproduzione di copia privata senza fini di lucro nel rispetto delle misure tecnologiche di protezione previste all’art. 102 quater Legge 633/1941 purchè queste ultime consentano una copia privata “anche solo analogica”. Sempre secondo l’art. 71 sexies L.D.A. la possibilità di effettuare una copia privata anche solo analogica non deve essere in contrasto con lo sfruttamento normale del contenuto protetto e non deve arrecare ingiustificato pregiudizio ai titolari del diritto d’autore.

Ma è ben noto che la tecnologia di riproduzione analogica nell’era digitale risulta obbiettivamente obsoleta sia nei mezzi di riproduzione che nei supporti e, quindi, anche la previsione normativa che legittima detta forma di copia appare non più attuale in una realtà tecnologica caratterizzata dalla digitalizzazione.

Nel contesto normativo e tecnologico appena accennato, non risultano ad oggi forniti significativi chiarimenti dalla giurisprudenza italiana in relazione al contrasto tra le misure tecnologiche di protezione ed il diritto alla copia privata.

Per contro la Corte Suprema Francese ha invece chiarito in data 28/02/06 il carattere di “eccezionalità” del diritto della copia privata, rispetto al diritto d’autore, e, quindi, ha precisato che il primo non può essere di ostacolo all’introduzione di misure tecnologiche di protezione dirette a tutelare gli autori delle opere dall’illecito e ormai generalizzato fenomeno della “pirateria”. Orientamento, peraltro, confermato di recente dalla Corte d’Appello di Parigi nella causa tra UFC Que Choisir contro Warner Music France e FNAC Store.

Ma l’affermata prevalenza sostanziale del diritto d’autore rispetto a quello della copia privata a volte mal si concilia con il compenso forfettario che l’art. 71 septies della L.D.A. riconosce ai titolari del diritto d’autore e che, come noto, viene applicato e corrisposto ogni qualvolta si acquisti apparati tecnologici per la copia di contenuti, apparati di registrazione audio e video e memorie fisse o trasferibili.

Le associazioni dei consumatori infatti hanno più volte contestato l’applicazione delle tecnologie DRM proprio in relazione al pagamento dell’appena richiamato compenso forfettario che verrebbe corrisposto nonostante il diritto alla copia privata sia non più garantito o fortemente limitato dall’utilizzo delle tecnologie di protezione.

Ma indipendentemente dalla natura che si voglia attribuire all’equo compenso garantito ai titolari del diritto d’autore per il diritto di copia privata, l’innegabile e sussistente contrapposizione tra la tutela dei diritti d’autore e il diritto alla copia privata non può certo essere superata perorando filosofie di libero e indiscriminato utilizzo di contenuti protetti.

Un approccio più realistico ben potrebbe essere quello di riconsiderare l’equo compenso nella sua entità come peraltro già previsto dall’art.71 septies comma 2 L.D.A. secondo cui la determinazione dell’equo compenso deve tener conto  dell’apposizione o meno delle misure tecnologiche di protezione, nonché della diversa incidenza della copia digitale rispetto alla copia analogica.

E’ giunto il tempo che il Legislatore prenda atto dei mutamenti degli scenari  per quanto riguarda i contenuti protetti e che in una logica di tutela e salvaguardia degli stessi, disciplini omogeneamente e tempestivamente l’utilizzo delle nuove tecnologie, esaltandone i benefici ma inibendone forme illecite di utilizzo.

La posta in gioco non sono gli interessi dei titolari dei diritti d’autore o gli interessi dei consumatori, ma è ben più alta: lo sviluppo culturale della nostra società.  

* Marco Emanuele Galanti

* Andrea E. Cavalloni

*Studio Legale Galanti Meriggi & Partners  

  

 

posted @ martedì 19 febbraio 2008 03:28

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