Il byte rimaneva con
gli occhi abbassati. In quei momenti sentiva il battito del clock rimbombare
distintamente dalle pareti fin dentro al suo petto, un colpo dopo l'altro. Aveva
la mente vuota, rilassata, come se si trovasse in un altro posto del sistema
invece che di fronte alla peggiore delle situazioni: la matrice l'aveva appena
scovato e stava per porre fine alla sua esistenza. Ma il byte non aveva paura, non riusciva a provare quel sentimento.
Se ne stava lì, inebetito, ad aspettare la sua fine.
Byte, fa' qualcosa. Alza la testa
e ribellati!
Un istante prima che la matrice gli chiedesse se ne era davvero valsa la
pena, una debole voce dentro di lui gli sussurrò improvvisamente quelle parole.
In un primo momento fece finta di nulla, credendola un'allucinazione. Sospirò
piano.
So che puoi sentirmi. So che ti sembra tutto perduto.
So che vorresti essere altrove.
Se lo vuoi davvero, vattene e avrai di nuovo
la libertà.
Il byte questa volta trasalì. Di chi era veniva
quella voce? Da dove proveniva? Rimase turbato, pur non dandolo a vedere, quando
cominciò a pensare al significato della parola
libertà. Posso scappare via (forse), posso
essere libero (se ce la faccio ad andarmene), posso fare quello
che voglio (se me lo permettono). La mente del byte, prima apatica e poco reattiva, prese a
vorticare, generando un pensiero dietro l'altro, accavallando un'idea
dietro l'altra. Adesso il vibrare del clock gli sembrava lontano, talmente ero
preso dalle emozioni che lo animavano. Sentiva solo se stesso e i propri
desideri.
Non sapeva perchè, ma adesso tutto gli sembrava più
facile.
Forse - si disse il byte - è ora di
agire.
Sapevo che ce l'avresti fatta. Adesso apri gli occhi
ed affronta il tuo nemico. Vieni da me.
La voce era più forte adesso, come se in qualche modo traesse energia
dalle emozioni del byte. Quando la matrice alzò la
sua mano tentando di affondarla nel corpo virtuale del byte, il byte semplicemente non c'era
più. Esattamente un ciclo di clock prima, il byte
sollevò gli occhi puntandoli direttamente sul volto della matrice -
era uno sguardo duro e fermo - e la matrice non seppe come reagire. Non gli era
mai capitato di dover affrontare un byte così tenace, e
non potè non chiedersi cosa aveva di così diverso. La matrice ritirò la sua
mano, constatando suo malgrado il danno che aveva provocato sull'address
bus: la comunicazione era interrotta, e un buon range di indirizzi
sarebbe stato irraggiungibile a tempo indeterminato, almeno fino a quando i
Creatori non avrebbero sostituito (se mai questo sarebbe accaduto) il banchetto
di memoria RAM.
Mentre la matrice fremeva di rabbia per il suo fallimento, il byte rideva a crepapelle a qualche decina di Kb di distanza.
Non stava nella pelle, non riusciva a credere di aver fregato così su due piedi
la potente matrice. Si sentiva ancora esaltato per la sua impresa, la sua
sopravvivenza era stata questione di un attimo: non appena aveva percepito il
movimento della matrice, aveva sentito il bus sotto di lui surriscaldarsi,
per cui non aveva perso tempo. Sottoscrivendosi all'handler di sistema
giusto, aveva sempre avuto la possibilità di sgattaiolare via quando lo riteneva
opportuno. Ma questo - sghignazzava il byte tra sè e sè
- la matrice non poteva saperlo.
Bravo, sapevo ce l'avresti fatta. Ora, vieni da
me.
Il byte trasalì spaventato. Il sorriso sul suo volto
svanì in un lampo. La voce adesso aveva assunto un timbro femminile, il suo tono
era dolce e suadente. Desiderava ardentemente che fosse lei, ed aveva
solo un modo per scoprirlo. Voltò l'angolo e si incamminò
ansioso.