E-Commerce (B2C): norme violate a discapito dei consumatori

Finalmente anche in Italia il commercio elettronico B2C (Business to Consumer) ha ormai preso piede e, dati alla mano, si può notare la crescita esponenziale di tale mercato. Tale affermazione è ampiamente suffragata dai dati degli ultimi due anni dove si è passati da poco più di 1 milardo di Euro in valore di acquisti fatti on-line dagli italiani nel 2003 a quasi 3 miliardi di Euro nel 2005.Un trend positivo che, secondo gli esperti, porterà ad ulteriori balzi in avanti.

 

Insomma sembrano superati quei preconcetti dei consumatori sui rischi dell’e-commerce che tanto danno hanno creato alla new-economy, effetto accentuato anche a causa del terrorismo mediatico visto in questi anni in Italia sui rischi di clonazione delle carte di credito utilizzate per acquistare in rete.

 

Anche il Legislatore davanti a tale fenomeno non è stato a guardare ed ha dettato regole precise per chi vuole dedicarsi alla vendita on-line, emettendo il D.lgs 70/03 in recepimento della direttiva europea 2000/31/CE.

 

Inoltre lo stesso Legislatore con l’entrata in vigore del nuovo Codice del Consumo nell’ottobre 2005, introdotto dal D.Lgs 206/05, ha ulteriormente regolamentato i rapporti tra venditore e consumatore in tale tipologia di commercio.

 

Nonostante questa precisa regolamentazione ormai in vigore da mesi, sta avvenendo un fenomeno non certo nuovo per il mondo internet e cioè il completo disinteresse per le leggi da parte degli operatori del settore, come se sul web vigesse l’anarchia più assoluta.

 

Infatti più del 90% dei siti di e-commerce B2C in Italia violano le attuali leggi su tale commercio  e questo va quasi integralmente a discapito dell’ignaro consumatore.

 

Ad onor del vero buona parte di tali violazioni non sono dettate dalla malafede del venditore, ma semplicemente da un suo comportamento sprovveduto e poco attento (atteggiamento usuale in internet) nei confronti di una normativa rigorosa che prevede anche importanti sanzioni di carattere pecuniario che possono arrivare fino a diverse decine di migliaia di Euro.

 

Un comportamento ormai tanto consuetudinario quanto nocivo nel mondo internet, già visto in tema di privacy, è il “copia e incolla” delle informazioni legali, con il risultato di un effetto sasso nello stagno, capace di generare finte certezze normative a causa di grossolani errori di diritto.

 

Di false italiche convinzioni sul commercio elettronico in tema di leggi se ne sono create tante. La più eclatante (ed anche penalizzante per il consumatore) è il diritto di recesso entro 7 giorni e la modalità di utilizzo di tale diritto. Il termine per usufruire del diritto di recesso non è, diversamente da quanto si crede, di 7 giorni ed il suo utilizzo non ha bisogno di alcun tipo di motivazione da parte del consumatore, eppure la maggior parte dei consumatori sono convinti del contrario e, cosa ancor più grave, anche i venditori nel 90% dei casi hanno tale convinzione o comunque una percezione illegale del diritto di recesso.

 

L’esempio del diritto di recesso è molto significativo perché tale diritto è fondamentale per il consumatore intento ad acquistare beni a distanza, in quanto può basare la sua scelta prettamente su percezioni virtuali del bene e non materiali. Ciò potrebbe portare successivamente il consumatore a ritrovarsi fra le mani qualcosa che non intendeva acquistare e quindi di doversi avvalere di tale diritto. Per questa ragione il consumatore ha il diritto di essere correttamente informato dal venditore sul diritto di recesso.

 

Diverse altre sono le violazioni commesse da chi vende on-line, alcune ininfluenti per il consumatore, ma altre molto più pregiudizievoli.

 

Alla luce di tutto ciò fino ad ora esposto, è consigliabile a chi opera acquisti on-line di verificare sempre  le condizioni di acquisto dei beni e le informazioni sul venditore, questo permetterà di poter comprendere la serietà e l’affidabilità del venditore. Ininfluente sono invece condizioni d’acquisto illecite, infatti acquistare a quelle condizioni non priverà il consumatore dei suoi “reali” diritti, in quanto da considerarsi clausole vessatorie.

 

Mentre per chi intende vendere on-line, o per chi già lo fa, è consigliabile di rivolgersi ad esperti legali in questo settore, con una piccola consulenza si potrà essere al riparo da rivendicazioni di consumatori insoddisfatti e da pesanti sanzioni pecuniarie.