Il diritto d’autore e tutto ciò che ad esso gira intorno è sempre considerato un tema caldo, specie per chi ogni giorno si trova a creare e sviluppare software.
Uno dei temi che spesso porta gli sviluppatori di programmi a porsi quesiti è quello che riguarda il diritto d’autore in riferimento al lavoro subordinato. Le domande più comuni riguardano appunto il limite tra ciò che si produce e ciò che appartiene al datore di lavoro o meglio se tutto il software che viene sviluppato dal lavoratore subordinato può essere rivendicato dalla sua azienda.
La legislazione italiana, a riguardo, affronta il tema nella legge 633/1941, un provvedimento legislativo che ha più di mezzo secolo ma che negli anni ha subito qualche ritocco per recepire in parte le direttive della Comunità Europea.
Una risposta precisa a questi quesiti la troviamo nell’art. 12 bis, che enuncia: “Salvo patto contrario, il datore di lavoro è titolare del diritto esclusivo di utilizzazione economica del programma per elaboratore o della banca di dati creati dal lavoratore dipendente nell'esecuzione delle sue mansioni o su istruzioni impartite dallo stesso datore di lavoro”.
E chiara così la posizione del legislatore a tutelare gli investimenti di risorse nei confronti delle aziende, anche se questa titolarità viene vincolata all’esecuzione delle mansioni del lavoratore dipendente o delle istruzioni ricevute dal datore di lavoro.
Possiamo perciò evincere dalla legge che il lavoratore subordinato si può considerare titolare del software da lui sviluppato al di fuori dell’ambito e degli orari lavorativi, senza l’utilizzo di risorse dell’azienda.