Durante gli anni di studio all’università di ingegneria, spinto dall’esigenza di capire l’origine della mia difficoltà ad “entrare” velocemente in argomenti per me completamente nuovi (sono diplomato in ragioneria e il salto si è fatto sentire), mi ero accorto che il mio approccio allo studio era simile a quello di una ruspa che deve spostare un montone di terra in un’unica passata: finché il montone è piccolo tutto bene, ma quando è grande la ruspa procede con sempre più fatica e rischia di finire sotterrata dalla terra!
Un approccio molto più efficace è invece quello di una ruspa che suddivide il lavoro in più passate, spostando uno strato sottile per volta; si lascia guidare dal montone stesso seguendone il profilo e scavalcandolo avanti e indietro senza affondare troppo la pala.
Definirei questo approccio “agile” perché si basa sul concetto di iterazione, che ritengo fondamentale, e tende ad affrontare il problema senza “puntarsi” troppo.
Ritengo che l’agilità, finalmente abbastanza compresa da chi si occupa di software, dovrebbe essere applicata anche da chi fa formazione, perché affrontando un argomento in modo iterativo la fatica si riduce ed è molto più facile cogliere i collegamenti tra i diversi aspetti (io solitamente comprendevo “il senso” di un corso gli ultimi giorni prima di sostenere l’esame, quando avevo presente tutti i mattoni e finalmente “l’arco” che stavo costruendo stava in piedi; prima erano solo mattoni separati e dell’arco neanche l’ombra …). Inoltre cogliere il senso delle cose, oltre a rendere l’apprendimento più facile, ti da anche quella soddisfazione che ti da ancora più forza per affrontare le passate successive, instaurando così un circolo virtuoso che si autoalimenta. Cosa volere di più?