L'Economist ha stilato una classifica sulla competitività nel settore dell'IT tenendo in considerazione fattori come:
- situazione economica generale
- infrastruttura IT
- "capitale" umano
- le leggi
- gli investimenti nell R&D
- supporto governativo allo sviluppo delle imprese IT
L'Italia si piazza al 23esimo posto, terz'ultima delle nazioni dell'Europa Occidentale, davanti solo a Spagna, Portogallo e Grecia.
Ai primi 5 posti si trovano USA, Giappone, Corea del Sud, UK e Australia. E la Nuova Zelanda è al 17esimo posto.
Qui potete leggere il comunicato stampa dell'Economist Intelligence Unit: The US and Japan provide the strongest environments for IT competitiveness, finds the Economist Intelligence Unit (trovato grazie a CNET)
E qui il report completo (30 pagine delle quali consiglio la lettura): The Means to Compete: Benchmarking IT Industry Competitiveness
Non sono un esperto di economia, ma se l'attuale governo non si da una mossa difficilmente l'Italia potrà risalire la classifica e portarsi ad un livello più altro di competitività IT.
Dal mio piccolo, posso solo dire che in NZ il costo della vita è tra 1/2 e 2/3 che a Milano, ma gli stipendi sono mediamente molto più alti, le aziende IT fanno a gara per trovare dipendenti "skillati", cercandoli anche all'estero se necessario, e il valore delle persone è premiato.
In Italia, da come era prima che partissi e da quello che sento dire ultimamente, le aziende cercano solo di trovare un qualunque lavoratore, meglio se consulente così non devono legarsi a lui, cercano di pagarlo il meno possibile e se ne fregano del livello qualititativo proprio perchè il loro scopo è "spendere" il meno possibile.
Ad un mio amico, è stato chiesto ad un colloquio, dopo la solita presentazione dell'azienda, "lei quanto vuole?". Lui ha risposto, "Beh, dipende dal progetto e dalle responsabilità", e loro: "Tanto più di 1200€ lordi al mese non le diamo".
Se questa è la serietà delle aziende italiane, difficilmente l'Italia diventerà più competitiva nel mercato IT internazionale... forse è anche per questo che molti "IT workers" italiani lavorano negli USA, in Irlanda, nell'UK o in NZ.