Ci sono date nella vita che segnao il passaggio 
personale da un era ad un'altra.
Oggi per me è una di quelle date. Oggi la mia azienda mi ha consegnato la 
lettera controfirmata delle mie dimissioni. Da oggi ufficialmente quindi sarò 
dimissionario, ancora per un paio di mesi sarò un dipendente, dopo sarà l'ora di 
buttarsi: io ed un mio collega abbiamo preso la decisione di metterci in 
proprio, di aprire una micro-attività di consulenza informatica (ovviamente 
dotnettiana, non scherziamo).
In questi mesi è successo di tutto per me professionalmente. A novembre ho 
rifiutato una proposta di lavoro fatta da Microsoft Italia, lo so anche io ho 
pensato per giorni di essere ammattito tutto d'un tratto, soprattutto sapendo 
bene a cosa rinunciavo, è stata soprattutto una questione di pax familiare, in 
effetti mi chiedevano molto (anche se mi avrebbero dato molto di più in cambio), 
ma non esiste solo la vita professionale a questo mondo, esiste, e per me è 
_fondamentale_, la famiglia, un figlio di 6 anni, una compagna. E come dice il 
più conosciuto motto vulcaniano le esigenze dei molti sono più importanti delle 
esigenze dei pochi. Negli stessi giorni prendeva vita la rubriki con tutto ciò 
che essa ha comportato dal punto di vista umano e professionale: community 
all'ennesima potenza, confronto, supporto. E adesso questo, senza ombra di 
dubbio una nuova dimensione, del tutto diversa da quello che ho fatto fino ad 
ora, mi sento come se avessi appena imparato a nuotare e fosse giunto il momento 
di passare dalla piscina piccola dei bimbi a quella grande senza braccioli, dove 
nuotano fra gli altri anche gli agonisti. 
Un respiro profondo e via. Il cuore in gola, il terrore di non farcela, 
la tenacia di provarci fino in fondo, la consapevolezza di dover contare quasi 
esclusivamente sulle proprie forze, sapere di dover evolvere professionalmente 
fino ad interessarsi di cose che fino ad oggi non sapevo nemmeno esistere, 
insomma diventare "imprenditore" di me stesso oltre che a esperto 
informatico.
Non so dove tutto questo mi porterà, ma il mio obiettivo spero rimanga sempre 
lo stesso. In due parole qualità della vita. Che non è solo stabilità economica, 
che non è solo la promessa di riconoscimenti professionali, ma che va ben al di 
là, che è commistione di affetti, salute, lavoro e quel quid indefinibile che è 
legato alla speranza, ai sogni, a tutto ciò che non ha spiegazione, ma che 
maledettamente incide ogni giorno che mi sveglio e che vivo.
Un'era si chiude, un'altra de ne apre, ma, come a Capodanno, niente cambia in 
fondo. E spero di che davvero nulla cambi per certi versi, seppure io sappia 
bene che questa frase rappresenta solo una pia illusione, ma che significa se 
vogliamo mantenere saldi certi valori, e soprattutto certe abbaglianti visioni, 
quelle che ti fanno male alla testa, quelle che sono le proprie stelle polari, 
quelle in cui riponiamo tutta la nostra fiducia.
Mettiamola così: non dovrò più chiedere a nessuno il permesso di poter venire 
ai workshop...
Saluti