Sembra quasi una provocazione, eppure da questa
frase - nata per scherzo - è scaturita una riflessione che mi ha fatto
pensare (altrimenti che riflessione sarebbe?) e che vorrei condividere con
voi.
Tutto il ragionamento è partito da una frase che ho scritto in un mio
post poco tempo fa, dove dicevo che secondo me il
modo migliore per sviluppare un'applicazione è farla fare a chi ha una
certa competenza in un certo dominio applicativo. Secondo me, se
bisogna creare un'applicazione per gestire una falegnameria, o un vigneto,
o un ristorante, bisogna farla fare ad un falegname, o ad un viticoltore, o ad
un cuoco. Lo so, sembra un'assurdità, d'altronde per programmare bisogna
conoscere la tecnologia che ci sta dietro, bisogna sapere come farlo, mica è uno
scherzo, altrimenti perchè saremmo qua noi? Sono convinto che se vado in giro a
sbandierare questa frase, il 99% delle persone mi prenderebbe in giro, e forse
non hanno tutti i torti.
Eppure, qualcuno ci ha pensato su e invece mi ha risposto a tema. Pensate per
un attimo agli scriba dell'antico
Egitto: erano persone la cui
professione era esclusivamente scrivere su dettatura di
qualcun'altro, perchè questo qualcuno non era capace di farlo. Non occorre
tornare indietro di millenni, però: sono famose le scenette di Totò nei suoi
films che detta le sue lettere, proprio perchè lui non è capace di scrivere.
Trovo molte similitudini - francamente - con il nostro lavoro: semplicemente,
qualcuno ci chiama e ci fa fare un lavoro che loro
non sono in grado di fare. Esattamente come lo scrivere fino a
qualche decennio fa. Cosa è successo ad un certo punto, però? Ci si è accorti
che lo scrivere era indispensabile, serviva a tutti (nessuno escluso),
quindi il livello di alfabetizzazione si è alzato (nel nostro Dopoguerra,
per esempio) e si è diffuso fino allo stato di oggi. Accadrà questo anche al
nostro lavoro? Sono assolutamente convinto del fatto che programmare è un'azione
che tutti dovrebbero saper fare - sebbene oggi sia assurdo pensarlo - perchè
programmare è un'azione che può benissimo essere applicata a qualsiasi parte
dello scibile umano. Anche se oggi non ce se ne rende conto, serve davvero a
tutti e ad ogni cosa.
Come oggi chiunque di noi si può sedere e scrivere qualcosa, così un giorno
un falegname si siederà da qualche parte e disegnerà linee, o diagrammi, o
schermi, o workflow e potrà ottenere quello che vuole. Magari saranno software
molto meno ottimizzati, molto più approssimativi, però ho la sensazione che le
cose evolveranno in questa direzione.
E non è affatto vero che scrivere è semplice, mentre programmare non lo è. Se
pensiamo a tutte le regole della nostra grammatica, al lessico, alle
coniugazioni dei verbi (irregolari e non), tutte le forme che possiamo applicare
a questa o a quella frase, i soggetti e le coniugazioni, ci rendiamo conto che
forse scrivere è molto più complesso che programmare. Qual'è la differenza?
La differenza sta nel fatto che la lingua italiana
è quasi immutabile rispetto alla tecnologia: l'italiano che
abbiamo imparato a 6 anni è lo stesso di oggi (al massimo ci sono vocaboli in
più), abbiamo molto più tempo per assimilarlo, ce lo si tramanda di generazione
in generazione. Immaginate per un attimo di
poter usare lo stesso linguaggio di programmazione per decenni e
decenni: se così fosse, credo proprio che chiunque potrebbe
essere capace di sviluppare qualcosa. E' vero, magari saremmo un po' più
indietro tecnologicamente parlando, ma avremmo un'alfabetizzazione informatica
più diffusa e capillare. Spero che col passare del tempo raggiungeremo una
tecnologia capace di durare a lungo: non dico perfetta, ma capace di soddisfare
le esigenze dei molti. Forse non ci si pensa mai, ma il fatto che l'informatica
continui a rinnovarsi è anche un difetto, perchè non tutti hanno la voglia di
aggiornarsi continuamente: è quasi una provocazione/esagerazione, ma se mio
padre avesse a disposizione un computer con gli stessi comandi di 20 anni fa,
sarebbe lì davanti al monitor e molto più esperto di quello che è oggi.
Il titolo riassume in breve tutto questo discorso, che forse a voce riuscirei
a rendere meglio.